lunedì 6 aprile 2020

Step #7 La meccanica nel testo poetico

La meccanica e la rivoluzione che essa poteva portare, nel primo novecento era supportata dalla corrente futurista, e come riferimento letterario non potevo esimermi dal citare e riportare la poesia di Filippo Tommaso Marinetti fondatore del movimento.
La poesia si chiama:

        All’Automobile da corsa


      Veemente dio d’una razza d’acciaio,
       Automobile ebbrrra di spazio,
       che scalpiti e frrremi d’angoscia
       rodendo il morso con striduli denti...
5        Formidabile mostro giapponese,
       dagli occhi di fucina,
       nutrito di fiamma
       e d’olî minerali,
       avido d’orizzonti e di prede siderali...
10        io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente,
       scateno i tuoi giganteschi pneumatici,
       per la danza che tu sai danzare
       via per le bianche strade di tutto il mondo!...
       Allento finalmente
15        le tue metalliche redini,
       e tu con voluttà ti slanci
       nell’Infinito liberatore!
       All’abbaiare della tua grande voce
       ecco il sol che tramonta inseguirti veloce
20        accelerando il suo sanguinolento
       palpito, all’orizzonte...
       Guarda, come galoppa, in fondo ai boschi, laggiù!
       Che importa, mio dèmone bello?
       Io sono in tua balìa!... Prrrendimi! Prrrendimi!
25        Sulla terra assordata, benché tutta vibri
       d’echi loquaci;
       sotto il cielo accecato, benché folto di stelle,
       io vado esasperando la mia febbre
       ed il mio desiderio,
30        scudisciandoli a gran colpi di spada.
       E a quando a quando alzo il capo
       per sentirmi sul collo
       in soffice stretta le braccia
       folli del vento, vellutate e freschissime...
35        Sono tue quelle braccia ammalianti e lontane
       che mi attirano, e il vento
       non è che il tuo alito d’abisso,
       o Infinito senza fondo che con gioia m’assorbi!
       Ah! ah! vedo a un tratto mulini
40        neri, dinoccolati,
       che sembran correr su l’ali
       di tela vertebrata
       come su gambe prolisse...
       Ora le montagne già stanno per gettare
45        sulla mia fuga mantelli di sonnolenta frescura,
       là, a quella svolta bieca.
       Montagne! Mammut, in mostruosa mandra,
       che pesanti trottate, inarcando
       le vostre immense groppe,
50        eccovi superate, eccovi avvolte
       dalla grigia matassa delle nebbie!...
       E odo il vago echeggiante rumore
       che sulle strade stampano
       i favolosi stivali da sette leghe
55        dei vostri piedi colossali...
       O montagne dai freschi mantelli turchini!...
       O bei fiumi che respirate
       beatamente al chiaro di luna!
       O tenebrose pianure!... Io vi sorpasso a galoppo
60        su questo mio mostro impazzito!
       Stelle! mie stelle! l’udite
       il precipitar dei suoi passi?...
       Udite voi la sua voce, cui la collera spacca...
       la sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia...
65        e il tuonar de’ suoi ferrei polmoni
       crrrrollanti a prrrrecipizio
       interrrrminabilmente?...
       Accetto la sfida, o mie stelle!...
       Più presto!... Ancora più presto!...
70        E senza posa, né riposo!...
       Molla i freni! Non puoi?
       Schiàntali, dunque,
       che il polso del motore centuplichi i tuoi slanci!
       Urrrrà! Non più contatti con questa terra immonda!
75        Io me ne stacco alfine, ed agilmente volo
       sull’inebriante fiume degli astri
       che si gonfia in piena nel gran letto celeste!







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